Un recente studio statunitense dimostra come la previsione di un triage a distanza consenta di rendere più efficiente il sistema di soccorso in ambulanza.
Solitamente, pensando all’ambulanza, siamo spinti a pensare immediatamente ad un paziente in gravi condizioni che necessita di arrivare il prima possibile in Pronto Soccorso. Esistono però situazioni in cui l’ambulanza viene chiamata per situazioni meno gravi e associate più alla medicina di base che a quella d’urgenza. In casi come questi, prima di mobilitare l’ambulanza, è bene accertarsi che il richiedente necessiti davvero il trasporto. Questo per evidenti ragioni economiche, ma anche per una gestione più efficiente del parco macchine a disposizione e le energie dello staff. Un recente studio americano ha indagato gli effetti di un triage a distanza, in telemedicina appunto, sull’appropriatezza dell’uso delle ambulanze.
Le motivazioni alla base dello studio
Negli Stati Uniti il numero annuale di chiamate al 911, il corrispettivo del nostro 118, sono circa 240 milioni. Un numero estremamente elevato che è viziato da una serie di telefonate non necessariamente urgenti. Statistiche alla mano, tra il 1996 e il 2006 circa il 25% degli americani arrivati in Pronto Soccorso con l’ambulanza sono stati ritenuti “non in emergenza”. Questi dati evidenziano quindi il fatto che esiste un problema di un utilizzo non efficiente delle ambulanze.
Qual è quindi il motivo che spinge qualcuno a chiamare l’ambulanza anche quando non ne ha effettiva necessità? La risposta è molto ampia. Innanzitutto, vi è un fattore di sopravvalutazione del problema percepito, dove il paziente crede di essere in condizioni molto più gravi di quelle effettive ed è spinto a chiamare soccorso. Inoltre, è possibile che alcuni decidano di chiamare l’ambulanza perché non hanno parenti in grado di portarli al Pronto Soccorso o perché non riescono a prenotare una visita ambulatoriale. Quali che siano le cause di questo uso improprio dei soccorsi, è impossibile non considerarne il costo in termini di aumento della spesa sanitaria, che nello studio statunitense si aggira intorno ai 4 miliardi di dollari.
La situazione italiana
Il problema non è solamente americano, ovviamente anche in Italia vi sono esempi di un uso improprio delle ambulanze. Un’indagine, condotta nel febbraio 2014 a Bari dal SIS, ha dimostrato come su 12925 chiamate al 118, solo 7578 si sono concluse con un effettivo trasporto in ambulanza. Di queste, il 53% si è poi dimostrato essere composto da casi di codice bianco o verde, quindi di nessuna emergenza. Nel 2016 è stato condotto uno studio simile presso l’Ospedale San Paolo di Savona, della durata di un mese. In questo caso gli accessi con ambulanza sono stati 1358, di cui circa il 28,60% era evitabile.
Lo studio prosegue poi cercando di quantificare i costi di questo uso improprio. Si è calcolato che in solo 28 giorni sono stati spesi circa € 14.000, che si configurano in € 170.000 annui. Lo spreco di risorse è da considerarsi però più ampio. L’Ospedale San Paolo fa parte della ASL di Savona, che è composta da altre due Aziende ospedaliere, le quali, a loro volta, hanno registrato un aumento dell’impiego delle ambulanze.
A Huston (Texas) si è sperimentata una soluzione a questo dispendioso problema, allestendo un sistema di telemedicina preospedaliera. Il progetto, chiamato Emergency Telehealth and Navigation (ETHAN) e avviato dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco della città texana, si basa sull’integrazione di dispositivi in telemedicina, mezzi di trasporto alternativi alle ambulanze e a un triage gestito da paramedici.
Lo studio degli effetti del progetto ETHAN
Nel febbraio di quest’anno la rivista “Prehospital Emergency Care” ha pubblicato uno studio dedicato al modello di Huston, dove se ne analizzava l’impatto in un periodo di circa tre anni, dall’inizio del 2015 alla fine del 2017. La Telemedicina, nel progetto ETHAN, è stata impiegata per mettere in contatto il medico d’urgenza con l’operatore field based per stabilire se il paziente necessitasse o meno l’intervento dell’ambulanza. Se, una volta arrivato sul posto della chiamata, il paramedico avesse trovato un paziente con le caratteristiche necessarie per rientrare nel progetto, lo avrebbe messo in contatto con il medico d’urgenza tramite una app da tablet per un tele-triage.
Sulla base dei dati e della documentazione elaborata durante il triage, il medico d’urgenza decide se il paziente necessita o meno di essere visitato di persona da un dottore. Va detto che, ovviamente, il paziente può decidere se recarsi in autonomia all’ospedale o meno. Il parere del medico a distanza però, è cruciale per determinare se è necessario utilizzare l’ambulanza o meno. Nel periodo preso in esame, circa tre anni, circa 15.067 persone hanno deciso di partecipare al programma ETHAN. Di queste, solo l’11% ha poi effettivamente avuto bisogno di un’ambulanza, portando quindi ad considerevole risparmio di risorse.
Lo studio ha quindi dimostrato come la telemedicina, se associata ad un programma ben strutturato, possa essere efficacie nel ridurre i costi dell’uso improprio delle ambulanze. Grazie agli esiti del programma ETHAN, si è calcolato un risparmio di circa 103 $ ad intervento. Bisogna inoltre considerare come questo metodo abbia giovato anche gli operatori, che si sono stancati meno e hanno potuto quindi essere più efficienti in casi in cui il loro intervento fosse davvero necessario.
Fonti:
B. Arieti, 2019, Gestire le ambulanze con la telemedicina, Tecnica Ospedaliera – aprile 2019;
https://www.01health.it/applicazioni/telemedicina/gestire-le-ambulanze-con-la-telemedicina/